“L’arte è sovversiva perché è connessa all’inconscio. Più un film è connesso all’inconscio più è sovversivo. Come i sogni” David Cronenberg

Prendo spunto da questa frase di Cronenberg per parlare di ciò che, uscendo dal cinema dopo la proiezione del film Joker, ho pensato. Non sono in grado di capire se sia un capolavoro o no ma dal momento in cui l’ho visto ho iniziato a pensare alla patologia del narcisismo, quindi probabilmente il film ha in qualche modo parlato al mio di inconscio.
Mentre siamo abbastanza capaci di rintracciare in alcune persone le caratteristiche di un narcisista overt, quelli covert non sono così semplici da riconoscere. Entrambi, infatti, presentano problemi di autostima ma mentre il primo, poco empatico e molto invidioso, tende ad affrontarlo costruendo un senso esagerato di superiorità e crede che tutto gli sia dovuto, l’altro prova una profonda vergogna per le proprie ambizioni ed evita le relazioni sociali a causa di un eccesso di sensibilità al rifiuto.
Due forme di narcisismo: overt (arrogante) e covert (timido)
Queste persone ci sembrano sensibili, premurosi, insicuri o poco dominanti, severi, idealisti, quasi tendenti al melanconico-depresso; non hanno come obiettivo la realizzazione ma solo perché non si sentono mai all’altezza della situazione o dell’altro. Quello che è meno visibile, perché ben nascosti sono i sogni di illimitata fama e successo. appaiono pigri, incapaci di trovare una via di mezzo tra gli estremi, (o tutto o niente), remissivi, fragili oppure vulnerabili in seguito ad un trauma, una sofferenza, una delusione o un’ingiustizia subita.
Il narcisista timido vive fuori dalla realtà, si immagina una vita
Mi viene in mente a tal proposito Walter Mitty, protagonista dai toni meno drammatici di Joker, di un racconto di James Thurber, pubblicato sul New Yorker nel 1939, che ha per titolo – per l’appunto – The Secret Life of Walter Mitty. (Successivamente ne è stato tratto un film dall’omonimo titolo, di e con Ben Stiller).

ne parla Ennio Flaiano, in un articolo per Il mondo, del 9 aprile 1949:
[…] Walter Mitty, certamente il personaggio più notevole del nostro tempo, se si eccettua Charlot, che del resto è suo padre. Walter Mitty ha questo di particolare, che ha ormai ripudiato la vita reale, ricca soltanto di difficoltà, di sgradevoli compagnie e di mortificazioni, per la vita che sa offrirsi con l’immaginazione, momento per momento. Egli ha sceso l’ultimo scalino della degradazione romantica e non ha altro conforto, che di vedersi vivere: però sotto altre spoglie e in ben altre circostanze che non siano quelle della sua mediocre esistenza. Soltanto in sogno Walter Mitty si concede la forza, l’intelligenza, la bellezza e l’audacia che pure sa di possedere. E, come Madame Bovary che legge Walter Scott e non sa immaginarsi l’amore se non in meravigliosi scenari gotici all’italiana, così Walter Mitty non può immaginarsi la vita se non negli scenari che gli suggerisce ogni sera il Cinema: perché Walter Mitty è il vero uomo nuovo del secolo, la dolce vittima del Cinema, e tutta la sua immaginazione è incatenata ai modelli eroici che ormai lo schermo ha proposto all’umanità.
e ancora:
“È imprudente amare, è imprudente odiare, agire, parlare, tacere, vivere. È prudente morire. Così dice, pressappoco, un personaggio di Shaw. Walter Mitty non si lascia incantare da questa pavida filosofia. Egli sa che è prudente sognare, e perciò ama, odia, agisce, parla, tace soltanto in sogno. Quanto alla vita quotidiana, quella di tutti, egli la trascorre in un isolamento implacabile, mal tollerato da un prossimo che, dopotutto, non s’accorge della sua presenza se non per metterla in dubbio o per rifiutare il suo amore. Togliete a Walter Mitty la facoltà di sognare e ne farete un autore di lettere anonime”.

Ecco, si tratta di un sottotipo di narcisismo.
Vorrei infine citare Cooper il quale afferma (Cooper, Ronningstam, 1992):
“Questi individui coltivano la maggior parte delle loro attività narcisistiche in fantasia, essendo troppo inibiti per renderle di pubblico dominio. E’ probabile che la loro autopresentazione sia carica di vergogna e modestia e possa apparire profondamente empatica, poiché le altre persone erroneamente interpretano il loro timido e preoccupato desiderio di occuparsi di qualcuno come interesse genuino per gli altri. Incapaci di mantenere relazioni personali durevoli, sono segretamente denigratori, invidiosi delle persone che li circondano, e incapaci di trarre soddisfazione dalle proprie realizzazioni, che a volte sono anche considerevoli ” (p. 59).