Se non è il caso di fare i tuttologi credo che sia fondamentale dare nome a quello che sentiamo. Dietro ad azioni veloci e rapide, dietro a schemi di comportamento, ci sono delle emozioni che hanno bisogno di essere pensate. SEMPRE E IN QUESTO MOMENTO DI PIU’.
Dietro ai “FACILONI” che dicono “Mah io non ci credo”, c’è un’emozione;
Dietro agli “IPOCONDRIACI” che si chiudono in casa, c’è un’emozione;
Dietro ai “COMPLOTTISTI” che vedono una strategia di eliminazione della specie umana, c’è un’emozione
La paura è l’emozione che mi viene in mente ora, mentre scrivo, ma può darsi che non ci sia solo questo; forse angoscia.
Può anche essere che in questa “pausa forzata” si nasconda anche la possibilità di silenzio, un silenzio che permetta di ascoltarsi e ascoltare l’altro. Può darsi che si possa stare in modo differente sui legami.
Un’occasione, dunque.
Può darsi.
Non c’è un’unica risposta o soluzione perché siamo complessi. Ed ognuno di noi declina i vissuti in modo differente a seconda della propria esperienza.
Diamo, perciò, respiro a quello che sentiamo, non ci può solo essere il coraggio, come viene spesso suggerito, il think positive, ma anche una quota di angoscia e dolore, e via dicendo. Le nuances del nostro mondo interiore sono tante, purtroppo col passare del tempo ci abituiamo ad utilizzarne poche, il minimo indispensabile.
“Non puoi fuggire da te stesso per sempre, devi fare ritorno e riuscire ad amarti” C.G.Jung