
Dire grazie non è solo una questione di buone maniere. Esplicitare un “grazie” è il mezzo per mostrare un’emozione, la gratitudine che, come altre, è un’emozione complessa. A differenza delle emozioni di base, che sono riferibili più alla persona, le emozioni complesse hanno bisogno per essere attivate di una combinazione tra emozioni di base e elementi esterni entro relazioni.
Il taglio che mi interessa approfondire mi porta ad unire due contributi da cui prendo spunto per parlare di gratitudine.
La complessità della lingua giapponese
Il primo contributo ha a che fare con quanto esprime, in giapponese, il termine ARIGATO, grazie appunto. È un termine composto dalla parola aru che significa <<essere-esistere>>, e katai che significa difficile e quindi complessivamente il termine indica che si ringrazia considerando la difficoltà dell’esserci, di ricevere una gentilezza che non è mai scontata.
Lo sguardo della psicoanalisi
Il secondo contributo invece attinge alla psicoanalisi e a Melanie Klein si è occupata in due suoi scritti (Amore, Odio e Riparazione, 1937 e Invidia e Gratitudine, 1957). In particolare sappiamo che attraverso le relazioni significative i bambini appagano i bisogni principali e questo permette di accedere alla fiducia che ci sarà sempre qualcuno che si occuperà di lui. È in questo modo si è in grado di guardare avanti e di sentire il proprio desiderio, il desiderio di crescere, di divenire autonomo, indipendente e di seguirne la traccia, assecondando e sviluppando l’attitudine innata ad amare, ovvero a stabilire relazioni con altri esseri in cui ognuno possa crescere e svilupparsi. Si tratta di passaggi fondamentali perché permettono di distinguere il dentro (di noi), le nostre emozioni e pensieri e il fuori (di noi), la realtà, gli altri e che questi altri sono indipendenti da noi ma non contro di noi.
Chi non riesce a sentirsi grato, non riesce ad essere in relazione, è perduto in se stesso, in tutto ciò che non può essere condiviso e se non può essere condiviso purtroppo, non esiste. Uscire da noi, non ci “svuota”, al contrario ci arricchisce.
